Meryem ana in turco significa mamma Maria, ma per chi vive lungo la costa occidentale della Turchia, sulle sponde del mar Egeo,
questo nome indica essenzialmente un luogo: una piccola casa di pietra sulla cima di un colle, immersa nel verde e con lo sguardo rivolto al mare;
un luogo di pace, di silenzio e di preghiera. È la casa della Madonna, che racconta una storia inedita, o almeno poco conosciuta, della Madre di Dio.
È la storia degli ultimi anni della sua vita che, sotto la filiale protezione dell’Apostolo Giovanni, Maria trascorse in questi luoghi, molto probabilmente in questa casa. Ed è di questa storia millenaria che,
dal 15 ottobre del 2015, le Sorelle di Maria e dell’Apostolo Giovanni sono entrate a far parte.
Meryem ana
Meryem ana
La casa di Maria
Al centro il focolare, a destra una piccola camera da letto e in fondo un angolo per la preghiera dove, prezioso tabernacolo,
era custodito il pane eucaristico. Dappertutto una luminosa nostalgia del Paradiso. Tutta qui la casa di Maria. Semplice e misteriosa come l’Incarnazione;
come la donna che l’ha abitata con la spada nel cuore e lo sguardo rivolto al cielo. Con lei alcune donne chiamate a vivere alla scuola dell’amore e del dolore.
Le Visioni della Beata Anna Katharina Emmerick
Affidato alle visioni della mistica tedesca, la beata Anna Katharina Emmerick, solo nell’ ‘800 il mistero della vita di Maria a Efeso comincia a ricevere luce e a delineare agli occhi del mondo i contorni di una piccola casa di pietra dove il disegno del Padre si compie in pienezza e la fanciulla di Nazareth si prepara a diventare la Regina del Paradiso.
“Maria, dopo la salita al Cielo di Cristo, visse tre anni a Sion, tre anni a Betania e nove anni a Efeso, dove la portò Giovanni”. “La santa Vergine abitava qui [ad Efeso] da sola con una persona più giovane […]. Vivevano in silenzio e in profonda pace […]. Ho visto Maria divenire sempre più silenziosa e raccolta in se stessa […] era come se fosse qui soltanto apparentemente, come se la sua anima vivesse già altrove. […] Sembrava vibrare di nostalgia. Da quando suo figlio era salito al cielo, tutto il suo essere esprimeva una nostalgia crescente”.
(Tratto da Anna Katharina Emmerick, Vita della Santa Vergine Maria, San Paolo, 2004 p. 199)
Il ritrovamento della casa di Maria (1891)
Circa settant’anni dopo la morte della mistica tedesca, Suor Maria de Mandat-Grancey, superiora delle Figlie della Carità, addette all’ospedale francese di Smirne, ascoltò a mensa la lettura di un brano della “Vita della Santa Vergine” secondo le visioni della Emmerıck. La colpi’ particolarmente la descrizione della casa di Efeso, e cominciò a nascere in lei la certezza che in quelle parole si celava il mistero di una presenza. Ed era tempo che quella presenza materna e potente si rivelasse al mondo.
Mossa da tali convinzioni, Suor Maria de Mandat-Grancey, suggeri’ a Padre Jung, il sacerdote lazzarista che si recava a celebrar Messa all’ospedale: “Efeso non è tanto lontana, varrebbe veramente la pena di andare a vedere”.
Cosi’ il 29 luglio 1891, una piccola comitiva, guidata da Padre Jung si mise in cammino… sui passi di Maria.
Partendo da Ayasuluk (l’odierna Selçuk), seguendo il percorso indicato dal libro della Emmerick, gli esploratori giunsero su una piccola spianata, coltivata a tabacco. Stanchi, si fermarono a chiedere dell’acqua alle donne che lavoravano nei campi. ‘Andate al monastero e ne troverete la sorgente’, risposero le donne e indicarono una casa in rovina.
Impossibile descrivere la sorpresa nel vedere, accanto alla sorgente, i resti di una casa, meglio ancora d’una cappella, seminascosti dagli alberi. Il pensiero corse subito al libro della Emmerick: il pianoro… le rovine… le rocce a picco… la montagna alle spalle… il mare davanti…
Il libro della Emmerick diceva che, dall’alto della montagna su cui si trovava la casa, si vedeva da una parte Efeso e dall’altra, molto più vicino, il mare. Dimentica della fatica, del caldo e della sete, la comitiva si arrampicò immediatamente sui fianchi della montagna e arrivò in cima. Ecco laggiù, a destra, Ayasuluk (Selçuk), il monte Pion e la pianura che circonda Efeso a ferro di cavallo; a sinistra ecco il mare e, vicinissima, l’isola di Samos. Non c’erano più dubbi.
‘Bella e degna di venerazione appariva l’antica cappella – scriveva quindıcı giorni pıù tardi il superiore dei lazzaristi Padre Poulin – con un non so che di discreto e di misterioso, ai piedi delle grandi rocce della montagna che la nasconde e la domina, sotto i platani che la coprono gelosamente con la loro ombra protrettrice’.
Da allora diverse altre spedizioni si susseguirono, finchè il 1 dicembre 1892 Mons. Andrea Timoni, arcivescovo di Smirne (da cui Efeso dipende), salì personalmente a Panaya Capouli. Stupito e sorpreso anche lui per le somiglianze con la descrizione della Emmerick, imbastì subito un processo ufficiale nel quale, fra l’altro, è detto: “E arrivato il tempo di dire al mondo cristiano: giudicate voi stessi se quanto è stato trovato è o non è la casa abitata dalla Madonna durante la sua permanenza a Efeso”.